MILANO - Si dice che per le donne il seno rappresenti, al pari dei capelli, una continua fonte di insoddisfazione: chi lo ha piccolo lo vorrebbe grande, mentre chi ha un aspetto giunonico preferirebbe qualcosa di meno appariscente e spesso coloro che non si lamentano delle dimensioni, lo fanno della forma. Questa potrebbe essere una spiegazione delle ragioni per le quali gli interventi di mastoplastica sono i secondi più richiesti al mondo (il primo è la liposuzione). A cinquant'anni dal primo intervento
Bbc ha rivisitato le origini delle protesi al silicone, svelandone alcuni aspetti piuttosto sconosciuti.
UNA SACCA DI SANGUE - Franck Gerow, chirurgo del Jefferson Davis Hospital di Houston, in Texas, ebbe la folgorazione maneggiando un sacca di sangue in materiale plastico che, come ricorda Teresa Riordan, autrice di Beauty: A History of the Innovations That Have Made Us Beautiful (e giornalista del New York Times), gli diede la sensazione di toccare un seno femminile. Da quell'intuizione all'impianto della prima protesi il passo fu decisamente breve. Il test di esordio venne effettuato su una cagnolina, Esmeralda, che pur non mostrando segni di rigetto (fatto questo che portò Gerow a definire la sua protesi "innocua quanto l'acqua"), dopo alcuni giorni si strappò via i punti di sutura a morsi, ponendo fine alla sperimentazione.
IL PRIMO INTERVENTO - Nella primavera del 1962 Gerow e il collega Thomas Cronin effettuarono il primo intervento di mastoplastica al silicone della storia sulla trentenne Timmie Jean Lindsay. In realtà la giovane aveva interpellato i medici soltanto per la rimozione di un tatuaggio e furono proprio i due chirurghi a chiederle di prestarsi come volontaria per quella sperimentazione, proponendole in cambio di correggere le sue orecchie a sventola. Quando Lindsay si risvegliò dopo l'operazione con un seno passato dalla misura coppa B a quella C fu entusiasta e lo fu ancora di più quando si accorse che passeggiando per strada attirava concupiscenti sguardi maschili.
LA PROTAGONISTA - Oggi Timmie Jean Lindsay, che per lungo tempo ha tenuto nascosto l'intervento ad amici e familiari, racconta che gli effetti esteticamente benefici dell'operazione alla quale si sottopose mezzo secolo fa sono durati all'incirca quindici anni, dopo di che l'azione del tempo ha iniziato a farsi sentire. «Pensavo che i miei seni sarebbero rimasti alti e sodi per sempre. Ma non è andata così - ha sottolineato l'ottantenne signora Lindsay - perché come quelli normali tendono a scendere verso il basso con l'avanzare dell'età». Ma la pioniera del seno aumentato è comunque felice di quel piccolo pezzo di storia, anzi due, che ancora custodisce all'interno del suo corpo: «E' bello sapere di essere stata la prima».
AL MOMENTO GIUSTO - Successivamente Gerow e Cronin presentarono la loro tecnica durante una conferenza della Società Internazionale dei Chirurghi Plastici che si tenne a Washington DC nel 1963 e l'entusiasmo che suscitò fu la più valida certificazione di avere tra le mani quello che sarebbe diventato un vero e proprio fenomeno sociale. Non bisogna dimenticare che in quegli anni il look procace di dive del calibro di Marilyn Monroe e Jane Russel faceva sognare gli uomini e provare invidia e desiderio di emulazione a molte donne. Inoltre quello fu anche il periodo nel quale iniziò la pubblicazione di Playboy, mentre la Barbie esordiva sugli scaffali dei negozi di giocattoli.
LE TECNICHE PRECEDENTI - Come ha descritto Teresa Riordan nel suo libro, a partire dagli ultimi anni del 1800 i medici hanno tentato in molti modi di assecondare le richieste delle donne che volevano ingrandire il proprio seno. Si iniziò con iniezioni locali di paraffina, pratica che venne ben presto abbandonata poiché la paraffina tendeva a infiltrarsi nei tessuti circostanti, con gravi danni per le pazienti. Tra gli anni Venti e Trenta si provò, anche questa volta senza successo, a spostare il grasso da altre parti del corpo al seno. Negli anni Cinquanta invece i chirurghi plastici pensarono che fosse sufficiente inserire qualcosa nel petto delle donne per raggiungere l'effetto desiderato. Poliuretano, cartilagini, spugne, legno e persino sfere di vetro però non portarono a risultati accettabili. Infine meritano un cenno le soluzioni non chirurgiche che oltre a migliaia di lozioni e pozioni prevedevano anche pompe per il sottovuoto, dispositivi di aspirazione e reggiseni imbottiti o gonfiabili.
AI GIORNI NOSTRI - Recentemente la Società Internazionale dei Chirurghi Plastici ed Estetici (Isaps) ha promosso un sondaggio, attraverso il quale ha invitato circa 20.000 specialisti di tutto il mondo a rispondere a un questionario nel quale veniva loro richiesto di elencare tutti gli interventi eseguiti nel 2010. Le risposte complete giunte all'Isaps sono state 698 e in base a queste sono state stilate delle graduatorie che evidenziano gli interventi più diffusi e la loro distribuzione geografica. Nel corso dell'anno oggetto del sondaggio gli interventi di mastoplastica sono stati 1.506.475, dei quali 333.648 negli Stati Uniti, 254.214 in Brasile, 85.099 in Messico e 75.225 in Italia, che chiude al quarto posto tra le nazioni più rifatte, ma raggiunge il terzo nella graduatoria relativa al numero di interventi rispetto alla popolazione totale, subito dietro Brasile e Grecia.
Emanuela Di Pasqua | Corriere della Sera